Ricorso   della   provincia  autonoma  di  Trento  in  persona  del
 presidente della Giunta provinciale  Gianni  Bazzanella,  autorizzato
 con  delibera  della giunta provinciale n. 14937 del 22 ottobre 1993,
 rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Valerio Onida  e  Gualtiero
 Rueca,  ed  elettivamente  domiciliato  presso  quest'ultimo in Roma,
 largo della Gancia n. 1, come da mandato speciale a rogito del notaio
 dott. Pierluigi Mott di Trento in data 25 ottobre 1993, n.  59214  di
 rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per
 la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale degli artt. 15,
 primo comma, e 159, terzo comma, del d.lgs.  10  settembre  1993,  n.
 385, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n.
 230  del  30  settembre  1993,  recante  "testo  unico delle leggi in
 materia bancaria e creditizia", per  violazione  dell'art.  11  dello
 statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  di cui al d.P.R. 31
 agosto 1972, n. 670, e delle relative norme di attuazione.
    L'art.  11,  primo  comma, dello statuto speciale per il Trentino-
 Alto Adige attribuisce alle province autonome di Trento e Bolzano  il
 potere  di  autorizzare,  sentito  il parere del Ministro del tesoro,
 l'apertura  e  il  trasferimento,  nel  territorio  provinciale,   di
 sportelli  di  aziende  di  credito a carattere locale, provinciale e
 regionale (cioe' - ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 26 marzo 1977,  n.
 234  -  delle  aziende  di  credito  aventi  sede  legale e sportelli
 esclusivamente nel territorio regionale, ovvero, ai sensi del secondo
 comma di detto art. 2, aventi sede legale e sportelli nel  territorio
 regionale,  nonche',  anteriormente  alla  data  di entrata in vigore
 della norma di attuazione, sportelli anche fuori di esso).
    Il secondo comma del medesimo art. 11 prevede che l'autorizzazione
 all'apertura e al trasferimento nella provincia di sportelli  bancari
 delle  altre  aziende  di  credito  sia data dal Ministero del tesoro
 "sentito il parere della provincia interessata".
    Tali norme hanno continuato a trovare applicazione  anche  quando,
 dopo  il  1985,  la  Banca  d'Italia adotto' per le autorizzazioni in
 parola,  in  talune  ipotesi,  procedure  semplificate,  fondate  sul
 silenzio-assenso.  Infatti  i  provvedimenti  di sospensione relativi
 agli sportelli aperti nel  territorio  provinciale  dalle  banche  di
 interesse regionale rimasero riservati alla provincia, che emano' una
 normativa analoga a quella della Banca d'Italia; e i provvedimenti di
 sospensione  relativi  agli  sportelli  delle  altre  banche venivano
 adottati dagli organi centrali sentito il parere della  provincia  (a
 tale  situazione  normativa  si  riferisce la sent. n. 45 del 1990 di
 questa Corte).
    Ora l'art. 15, primo comma, del testo unico delle leggi in materia
 bancaria e creditizia, approvato con d.lgs.  10  settembre  1993,  n.
 385,  stabilisce che "le banche italiane possono stabilire succursali
 nel territorio della Repubblica e degli altri stati comunitari" e che
 "la  Banca  d'Italia  puo'  vietare  lo  stabilimento  di  una  nuova
 succursale  per  motivi  attinenti  all'adeguatezza  delle  strutture
 organizzative o della situazione finanziaria, economia e patrimoniale
 della banca".
    Tale disciplina, che riserva alla sola Banca d'Italia i poteri  di
 intervento  sulle  succursali  delle  banche  (ivi comprese quelle di
 interesse regionale), in tutto  il  territorio  nazionale,  e  dunque
 anche  nella regione Trentino-Alto Adige, non fa piu' alcuna menzione
 dei poteri delle province autonome.
    Vero e' che l'art. 159 dello stesso testo unico presuppone  ancora
 che  nelle  regioni a statuto speciale vi siano competenze esercitate
 dalle regioni medesime.
    Ma  non  sembra  si  possa   ritenere   in   cio'   implicito   un
 riconoscimento  di  poteri  della  provincia  nella  materia  di  cui
 all'art. 15, sia perche' in detto  art.  159  e'  parola  solo  delle
 regioni e non delle province autonome; sia soprattutto perche', da un
 lato,  il  secondo  comma  dell'art.  159  prevede  provvedimenti  di
 competenza delle regioni (con parere della Banca  d'Italia)  solo  in
 materie  diverse  da quella qui considerata (infatti fra le norme del
 testo unico richiamate non compare l'art.  15);  dall'altro  lato  il
 quarto   comma  dell'art.  159,  nel  prevedere  norme  regionali  di
 recepimento della direttiva CEE n. 89/646,  le  vincola  al  rispetto
 delle  "disposizioni  di principio non derogabili contenute nei commi
 precedenti",  e  il  terzo  comma a sua volta dichiara inderogabili e
 prevalenti sulle contrarie disposizioni gia' emanate, fra l'altro, le
 norme dettate dall'art. 15.
    E' dunque giocoforza concludere - a quanto sembra - che  il  testo
 unico  non  riconosce alcuna potesta' provinciale in tema di apertura
 di succursali delle banche nel territorio provinciale: con cio' pero'
 violando l'art. 11 dello statuto e le norme di attuazione.
    Non varrebbe osservare che  la  nuova  normativa,  avendo  abolito
 l'autorizzazione  all'apertura  o  al trasferimento di sportelli, non
 puo' essere vincolata al rispetto delle norme statutarie che  a  tale
 autorizzazione si riferiscono.
    Cio'  infatti potrebbe valere, in ipotesi, nel solo caso in cui la
 nuova  normativa  avesse  abolito  tout  court  qualsiasi  intervento
 autoritativo  degli  organi  pubblici in materia di apertura di nuove
 succursali.
    Ma cosi' non e', poiche' - come si e' visto  -  l'art.  15,  primo
 comma, seconda parte, del testo unico attribuisce esplicitamente alla
 Banca d'Italia (e solo ad essa) il potere di "vietare lo stabilimento
 di  una  nuova  succursale per motivi attinenti all'adeguatezza delle
 strutture organizzative o della situazione finanziaria,  economica  e
 patrimoniale  della banca": potere, questo, conferito ed esercitabile
 in  vista,  sostanzialmente,  dei  medesimi  interessi  pubblici  cui
 secondo    la    normativa    anteriore    si   provvedeva   mediante
 l'autorizzazione, o mediante il potere di sospendere l'apertura o  il
 trasferimento  dello  sportello  a  seguito della comunicazione della
 banca (col meccanismo del silenzio-assenso).
    E'  dunque  palese  che  le  potesta'  attribuite  alla  provincia
 dall'art.  11 dello statuto devono oggi intendersi riferite al potere
 di "vietare lo stabilimento" delle nuove succursali,  previsto  dalla
 nuova normativa.
    Invero la logica, nonche' il principio di conservazione dei valori
 giuridici, impongono di non far discendere dalle modifiche normative,
 relative  alla  tipologia dei poteri pubblici esercitabili in materia
 nella quale sussista un riparto di competenza fra Stato e  regioni  o
 province  autonome,  o  alle relative procedure, conseguenze ultronee
 come sarebbe quella di una totale caducazione dei poteri provinciali.
    In altri termini, la ratio della norma statutaria, che attribuisce
 determinati  poteri  alla  provincia  riguardo   all'apertura   delle
 succursali di aziende di credito nel territorio provinciale, sussiste
 indipendentemente  dal  fatto che il legislatore statale (in omaggio,
 come e' il caso, ad una normativa comunitaria) configuri diversamente
 i poteri medesimi, sostituendo ad un regime di autorizzazione uno  di
 liberta'  di iniziativa accompagnato dalla possibilita' di imporre un
 divieto.
    Si ha conferma di cio' nella circostanza - gia'  ricordata  -  per
 cui, quando al preesistente meccanismo dell'autorizzazione preventiva
 si   sostitui'   in   taluni   casi  quello  (sostanzialmente  simile
 all'attuale)  della  semplice  comunicazione  da  parte  della  banca
 dell'apertura  dello  sportello, sospesa per un certo termine durante
 il  quale  l'autorita'  poteva  adottare  provvedimenti   impeditivi,
 nessuno  si  sogno'  di  negare  che rispetto a tale nuova disciplina
 dovessero, per quanto riguardava gli sportelli aperti nel  territorio
 provinciale,  trovare applicazione i poteri deliberativi o consultivi
 che l'art. 11 dello statuto riconosce alla provincia.
    Anche  le  ragioni  che  secondo l'attuale art. 15 del testo unico
 possono motivare il divieto ("motivi attinenti all'adeguatezza  delle
 strutture  organizzative  o della situazione finanziaria, economica e
 patrimoniale della banca") sono all'evidenza le stesse che in passato
 potevano giustificare il diniego di autorizzazione, o piu' tardi,  se
 del  caso,  il  provvedimento di sospensione adottato nell'ambito del
 regime di "silenzio-assenso".
    E dunque anche sotto questo  profilo  occorre  riconoscere  che  i
 provvedimenti  di  divieto  oggi previsti debbono essere adottati nel
 rispetto  del  riparto  di  competenza  (deliberativa  e  consultiva)
 previsto dall'art. 11 dello statuto.
    Ne'   infine  si  potrebbe  argomentare  che  detti  provvedimenti
 dovrebbero spettare in  ogni  caso  alla  Banca  d'Italia  in  quanto
 fondati  su  "valutazioni  di  vigilanza", ad essa riservate ai sensi
 dell'art. 159, primo comma, del testo unico. Infatti i divieti di cui
 all'art. 15, primo comma, non sono esplicazione di semplici poteri di
 vigilanza, ma rappresentano cio' che oggi resta dei poteri di governo
 pubblicistico del credito in questa materia.
    Lo stesso art. 159 del testo unico del resto,  al  secondo  comma,
 prevede  una serie di (altri) provvedimenti nei quali possono entrare
 bensi valutazioni a fini di vigilanza, ma che non si  esauriscono  in
 esse,  e  per  i quali pertanto alla Banca d'Italia e' attribuita non
 gia' una competenza esclusiva, bensi' solo il potere di esprimere "ai
 fini di vigilanza" un parere sia pure vincolante.
    Se, del resto, dovesse considerarsi il potere di divieto,  di  cui
 all'art.  15,  primo comma, del testo unico, come un potere spettante
 alla sola Banca d'Italia ai sensi dell'art. 159, primo comma, non  si
 potrebbe  che ritenere a sua volta tale ultima disposizione, in parte
 qua, in contrasto con l'art. 11 dello statuto, per  le  ragioni  gia'
 esposte.
    L'art.  15  del  testo  unico riprende in parte, modificandole, le
 disposizioni gia' contenute nell'art. 13 del d.lgs. 14 dicembre 1992,
 n. 481: e parimenti l'art. 159 del testo  unico  riprende  in  parte,
 integrandole  e  modificandole, disposizioni gia' contenute nell'art.
 46 di detto d.lgs. n. 481/1992.
    Trattandosi  peraltro  di  un  testo  unico   innovativo   e   non
 semplicemente  compilativo,  munito  di forza di legge in forza della
 delega di cui all'art. 25 della legge 19 febbraio 1992,  n.  142,  ed
 essendo  per  di  piu' le disposizioni in questione non semplicemente
 riprodotte ma modificate, il  testo  unico  costituisce  nuova  fonte
 della  disciplina  in  questione,  e  come  tale  rinnova  la lesione
 dell'autonomia provinciale, legittimando il  presente  ricorso  (ne',
 come  questa  Corte  ha  piu'  volte ritenuto, trova applicazione nei
 giudizi sulle  leggi  l'istituto  dell'acquiescenza:  cfr.  art.  es.
 sentt.  nn.  133/1975;  192/1970; 19/1970 e 113/1967; ma si tratta di
 giurisprudenza consolidata).